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Diabete di Tipo I

Il diabete di tipo 1 è una patologia piuttosto rara, ma la sua prevalenza è in crescita. In Italia ne è affetto circa lo 0.2% della popolazione, con valori decisamente più elevati in Sardegna rispetto alle altre regioni. Nel mondo, una maggior frequenza di diabete di tipo 1 è riportata nei paesi del Nord Europa, e in particolare nei paesi scandinavi. Il diabete di tipo 1 esordisce più frequentemente in età pediatrica o nella giovane età adulta, presentando due picchi di incidenza: massimo nella fascia di 5-14 anni, poi nuovo picco tra i 25-29 anni. Esistono però anche casi di diabete di tipo 1 che esordiscono nella maturità, o addirittura nell’anziano, definiti LADA (Latent Autoimmune Diabetes in Adults): non si tratta di una malattia differente, ma di una variante di presentazione clinica del diabete di tipo 1.

Il diabete di tipo 1 è una patologia autoimmune, sebbene esistano casi definiti “idiopatici” in cui non si riesce a dimostrare il fenomeno autoimmunitario. Ciò significa che, a seguito di un disordine immunologico, l’organismo mette in atto meccanismi di difesa (normalmente utili contro i patogeni esterni per la difesa dalle infezioni) diretti contro tessuti dell’organismo stesso; si verifica, quindi, un’aggressione delle cellule “self”, con estesa distruzione delle cellule beta del pancreas e conseguente deficit assoluto di insulina.

Il principale fattore di rischio è la presenza di altre patologie autoimmuni (es: malattie della tiroide, celiachia, artrite reumatoide), ma anche la presenza di autoimmunità nei familiari stretti; spesso queste patologie si presentano in associazione al diabete di tipo 1, per cui alla diagnosi ne viene fatto lo screening.

Per quanto riguarda i familiari di primo grado di diabetici di tipo 1, è stato evidenziato un possibile aumento del rischio di sviluppare a loro volta il diabete, ma il peso della familiarità è meno significativo rispetto a quanto riportato per il tipo 2: si stima che il figlio di un genitore diabetico tipo 1 abbia un rischio 10 volte più alto, ma lo screening preventivo in questi soggetti generalmente non è raccomandato, anche perché al momento attuale non esistono trattamenti per prevenirne o ritardarne l’esordio.

In generale si può dire che vi è una predisposizione genetica di fondo, che è necessaria ma non sufficiente a giustificare l’insorgenza del diabete; deve infatti aggiungersi uno stimolo ambientale (ad esempio infezione virale delle prime vie aeree o gastrointestinale, agente tossico o alimentare) in grado di innescare il disordine autoimmune, con progressiva distruzione delle beta cellule pancreatiche, a cui seguirà il deficit di secrezione di insulina e la comparsa delle alterazioni glicemiche.

Le manifestazioni di esordio del diabete di tipo 1 di norma insorgono rapidamente rispetto al tipo 2 (giorni, settimane o alcuni mesi), anche se le forme tardive che interessano l’adulto (LADA) possono presentarsi con una sintomatologia più sfumata e graduale, che può essere all’inizio erroneamente inquadrata come diabete di tipo 2. La sintomatologia caratteristica all’esordio è stata precedentemente trattata ed è qui sintetizzata:

✔ Poliuria: aumento del volume di urine emesse;

✔ Polidipsia: aumento della sete;

✔ Dimagrimento nonostante aumento dell’appetito;

✔ Disidratazione.

Nel 20-40% dei soggetti il diabete di tipo 1 può insorgere con un quadro più eclatante e grave: la chetoacidosi diabetica. In assenza di insulina l’organismo non è in grado di internalizzare ed utilizzare il glucosio presente nel sangue, pertanto deve trovare modi alternativi per produrre l’energia di cui ha bisogno, prevalentemente attraverso il metabolismo dei grassi; questo porta alla produzione di corpi chetonici che, se si accumulano in eccesso, causano una pericolosa alterazione dell’equilibrio acido-base del sangue (acidosi), caratterizzata da:

✔ Nausea, vomito, dolore addominale;

✔ Alito “acetonico” che odora di frutta molto matura;

✔ Iperventilazione, respiro patologico (detto “di Kussmaul”);

✔ Vari gradi di alterazione dello stato di coscienza: confusione, sopore, fino al coma.

I criteri diagnostici sono gli stessi analizzati nella parte generale, ovvero: glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl, glicemia a 2 ore dall’OGTT con 75 gr ≥ 200 mg/dl, HbA1c ≥ 48 mmol/mol, sintomatologia caratteristica associata a glicemia occasionale ≥ 200 mg/dl.

A questi possono associarsi markers più caratteristici del tipo 1:

  • Positività anticorpale; sono quattro gli auto-anticorpi a disposizione per documentare la presenza di un processo autoimmune diretto contro le cellule pancreatiche à anticorpi anti-GAD (decarbossilasi dell’acido glutammico), anticorpi anti-IA2 (tirosina-fosfatasi), anticorpi anti-insulina, anticorpi anti-ZnT8 (trasportatore 8 dello zinco).
  • C-peptide ridotto; il dosaggio del C-peptide nel sangue è utile per stimare la produzione di insulina da parte del pancreas: se i livelli di C-peptide sono bassi presumibilmente anche la sintesi di insulina è scarsa; questo parametro non è però specifico del tipo 1, in quanto può ritrovarsi anche negli stati più avanzati di diabete di tipo 2, dopo molti anni di malattia, a seguito di esaurimento funzionale pancreatico.
  • Presenza di chetoni nelle urine (chetonuria), indice di deficit severo di insulina, con ricorso dell’organismo a fonti energetiche alternative al glucosio, come i grassi, con formazione di corpi chetonici.

I pazienti ai quali è stato diagnosticato il diabete di tipo 1 devono essere trattati subito con terapia insulinica, da impostare precocemente fin dal momento della diagnosi e da continuare poi per tutta la vita: non rispondono infatti a nessun altro trattamento farmacologico. E’ possibile che nei primi mesi dopo l’inizio della terapia si verifichi una parziale ripresa della funzione pancreatica, nota come “luna di miele”, con provvisoria riduzione del fabbisogno di insulina esogena; si tratta però di una fase transitoria, di durata variabile, generalmente di alcuni mesi, cui segue la necessità di impostare uno schema terapeutico intensivo. Per il soggetto con diabete di tipo 1 l’insulina è una terapia fondamentale e salvavita! Importante è anche l’automonitoraggio intensivo della glicemia domiciliare.

Quali sono le opzioni a disposizione per la terapia insulinica?

Oggi abbiamo a disposizione più opzioni terapeutiche, ovvero: la terapia insulinica con schema multiniettivo basal-bolus (in genere un’iniezione sottocutanea di insulina basale per coprire le fasi interprandiali e il digiuno + tre o più somministrazioni di insulina ad azione rapida prima di ogni pasto per coprire i picchi glicemici post-prandiali) e l’infusione sottocutanea in continuo di insulina tramite microinfusore; quest’ultimo è uno strumento portatile di piccole dimensioni che somministra insulina ad azione rapida tramite un ago-cannula sottocutaneo, secondo programmi di velocità differenziati nel corso delle 24 ore e precedentemente impostati con il proprio diabetologo; richiede un cambio set generalmente ogni 3 giorni, e permette grande flessibilità nell’erogazione dell’insulina: è possibile infatti ridurre temporaneamente la velocità di infusione in corso di attività fisica, oppure stabilire la tipologia di bolo più adatta alle caratteristiche di ciascun pasto. Le nuove tecnologie hanno fatto grandi passi avanti in questo senso, rivoluzionando la gestione della terapia del diabete tipo 1 e migliorando significativamente la qualità della vita di questi pazienti. Sono infatti disponibili diversi modelli di microinfusore adatti alle diverse esigenze, da valutare con il proprio diabetologo: dalla “patch-pump” che si posiziona sulla cute senza catetere, al microinfusore in grado di interrompere autonomamente l’erogazione di insulina in previsione di un’ipoglicemia.

Quali sono le opzioni per l’autocontrollo della glicemia?

L’autocontrollo della glicemia è fondamentale per adeguare il dosaggio della terapia insulinica, pianificare l’attività fisica, ridurre il rischio di ipoglicemia. Si può procedere tramite i tradizionali stick capillari su una goccia di sangue a livello dei polpastrelli, oppure tramite innovativi e sempre più diffusi sistemi di monitoraggio a scansione (FGM) o in continuo (CGM) o della glicemia interstiziale; questi constano di un sensore sottocute posizionato con un applicatore in modo rapido e indolore in genere ogni 14 giorni e collegato ad un trasmettitore esterno adeso alla cute della dimensione di una moneta da due euro o poco più, che permette, tramite un lettore apposito oppure lo smartphone, di visualizzare la stima della glicemia attuale e formulare il grafico del profilo glicemico completo delle 24 ore. Anche in questo campo la tecnologia è molto progredita negli ultimi anni: esistono modelli allarmati che avvisano il paziente in previsione di ipo- o iper-glicemie, e modelli integrati in grado di comunicare con il microinfusore e modulare la velocità di erogazione dell’insulina, permettendo di ottimizzare la gestione della terapia del diabete di tipo 1.

Bibliografia

Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).

American Diabetes Association. Standards of medical care in diabetes. Diabetes Care 2017

A cura della Dott.ssa Silvia Minardi

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